La tematica relativa all’etica della responsabilità non può prescindere dalla comprensione e identificazione del concetto di “bene comune” e della sua evoluzione nel tempo.
La Costituzione italiana non contempla una definizione di “bene comune”: il nostro codice civile identifica solo la distinzione tra beni privati e beni pubblici e, all’interno di questi ultimi, menziona le tre categorie dei beni demaniali, dei beni patrimoniali disponibili e dei beni patrimoniali indisponibili.
Fino a quando, infatti, lo Stato ha avuto la gestione esclusiva dei beni pubblici, non vi era la necessità di introdurre un concetto simile: opportunità che è, invece, emersa nel momento in cui la gestione di taluni beni essenziali è passata anche ai soggetti privati.
Dunque, pur in assenza di una definizione legislativa e pur non essendovi dubbi sul fatto che il “bene comune” sia una categoria in evoluzione è altrettanto vero che “esso identifica l’esistenza di una specie di beni fondamentali che devono rimanere condivisi.
Un tassello importante in tal senso è stato inserito in seguito ai lavori della Commissione Rodotà, istituita nel 2007 presso il Ministero della Giustizia, con l’obiettivo di inserire nel Codice Civile la definizione di “beni comuni” e la distinzione rispetto ai beni pubblici e privati.
La Commissione nello specifico aveva identificato come tali: “le cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona” e in particolare “fiumi, torrenti e le loro sorgenti, i laghi e le altre acque, l’aria i parchi, e le zone boschive; le zone montane di alta quota, i ghiacciai e le nevi perenni; i lidi ed i tratti di costa dichiarati riserva ambientale; la fauna selvatica e la flora tutelata: i beni archeologici, culturali ambientali e le zone paesaggistiche tutelate, l’atmosfera, il clima, gli oceani, la sicurezza alimentare ecc.”.
In quest’ottica, quindi, l’ambiente diviene il “bene comune” per eccellenza ed il suo uso deve essere garantito a tutti, indipendentemente dalla sua forma pubblica o privata.
È infatti ferma ed immutata la consapevolezza che i “beni comuni” esistano perché appartengono alla comunità e devono essere custoditi anche a beneficio delle generazioni future, in quanto indispensabili a garantire una vita dignitosa a tutti.
A ciò si aggiunga che l’esigenza di sostenibilità ambientale che ha profondamente mutato anche l’approccio alla gestione dei beni comuni, valorizzando sempre più modelli di comportamento improntati all’etica della responsabilità.
In quest’ottica, dunque, l’etica della responsabilità è strettamente connessa alla sostenibilità ambientale: il raggiungimento di buone condizioni di vita umane per il futuro non potrà, infatti, che determinarsi per mezzo dello sviluppo sostenibile, come ineludibile bilanciamento tra consumi e risorse rinnovabili per tutti gli abitanti della Terra.
“Lo sviluppo sostenibile è ciò che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Gli effetti negativi dell’azione umana sulla natura, soprattutto nella fase di accelerata industrializzazione e di aumento dei consumi, sono evidenti: la bioaccumulazione degli inquinanti, il loro trasporto attraverso l’atmosfera e la loro concentrazione nelle zone fredde del pianeta, l’accentuazione dell’effetto serra, il surriscaldamento globale, sono tutte questioni con le quali piaccia o non paccia siamo costretti oggi più che mai a fare i conti.
L’obiettivo, dunque, è quello di comprendere che occorre un nuovo impegno etico, facendolo sentire responsabile nei confronti della natura e, quindi, della sua stessa esistenza. “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”, è dunque il principio che non dovremmo mai dimenticare nelle nostre azioni quotidiane.
È risaputo, infatti, che in conseguenza dello sfruttamento ambientale incontrollato e del depauperamento del territorio, cause di disastri climatici, sta emergendo una nuova generazione di “rifugiati ambientali o climatici”: cioè coloro che a causa degli effetti di disastri ambientali sono costretti a migrare. Quanto fin qui evidenziato, quindi, non può che condurre alla consapevolezza che la tutela dell’ambiente e del territorio come “beni comuni” troverà la sua applicazione attraverso l’etica della responsabilità: ciascun soggetto, come cittadino di un territorio, di un quartiere, di una città, del mondo, nel suo interfacciarsi con la realtà circostante, dovrebbe tenere conto, deve tenere conto, dell’impatto che una sua determinata condotta ha sul patrimonio ambientale, cercando di prendere in considerazione la totalità delle prevedibili conseguenze e di scegliere in funzione delle prospettive ritenute migliori o peggiori, non solo per se ma per la comunità.
Poiché è evidente che le nostre azioni hanno un carattere “moltiplicativo e cooperativo”, in ragione dell’interazione tra scienza, industria ed economia, va da sé che l’etica della responsabilità in ambito ecosostenibile non può più limitarsi a considerare solo il patrimonio ambientale di prossimità, ma l’intera biosfera, in quanto inevitabilmente coinvolta con evidenti ripercussioni in termini di impatto ambientale. A ciò si aggiunga che nel tempo, anche a livello globale è accresciuta la sensibilità verso l’ambiente, “bene comune” per eccellenza.
Anche a fronte dei molteplici eventi catastrofici ambientali degli ultimi cinquant’anni, questa nuova concezione dell’ambiente, non più inteso come “risorsa da sfruttare senza regole”, ma come valore da custodire anche a beneficio delle generazioni future ha portato a molteplici interventi a vari livelli, nazionali e sovranazionali, volti a diffondere modelli di comportamento, con l’obiettivo di arginare, per quanto possibile, i fenomeni degenerativi e violentemente impattanti sull’ambiente.
Rientrano in questa finalità gli Accordi di Parigi del 2015, adottati dai rappresentanti di centonovantasei nazioni, in seno ai quali viene stabilito un “quadro globale di azione” per bloccare, per quanto possibile, pericolosi cambiamenti climatici. Pratiche comuni finalizzate a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2ºC.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Assemblea delle Nazioni Unite con “Agenda 2030” di cui sentiamo spesso parlare. L’Italia, peraltro, complici anni di cementificazione incontrollata che hanno condotto a una grave situazione di emergenza idrogeologica, ha dovuto assumere negli ultimi anni impegni sempre crescenti in materia di sicurezza dell’ambiente, tant’è che la normativa inerente la tutela ambientale ha avuto la sua massima espressione nel Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006), oltre che nella recente modifica degli articoli 9 e 41 Cost.
La previsione normativa esplica chiaramente taluni principi fondamentali – codificati anche dall’Atto Unico Europeo del 1986 – tra cui: il principio di “precauzione” che prevede l’adozione di misure cautelari commisurate al rischio; quello di “prevenzione” che è attuazione di una condotta necessaria a prevenire possibili danni ecologici gravi e conosciuti; quello di “correzione” dell’inquinamento alla fonte, che presuppone che la risoluzione di un problema collegato all’inquinamento sia rivolta non solo a limitare i danni, ma anche a evitare lo sviluppo del danno stesso, estirpando le cause alla radice. A ciò si aggiunga il principio di “sussidiarietà” che riconosce agli enti preposti la gestione di questioni di tutela ambientale. In ultimo, ma non meno importante, il principio denominato “chi inquina paga”. Si tratta dell’attuazione del principio di responsabilità ambientale che prevede, a carico del singolo o dell’azienda responsabile del danno ambientale, l’obbligo di pagarne la riparazione.
In particolare, nella visione del giudice costituzionale italiano: “L’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto” (Corte cost n. 641/1987).
“L’uomo è al tempo stesso creatura e artefice del suo ambiente”, con ciò operando una netta distinzione tra i “due elementi del suo ambiente, l’elemento naturale e quello da lui stesso creato”. È in quest’ottica di rinnovata valorizzazione della natura, nella sua valenza più ampia, che vanno lette, dunque, le recenti modifiche della Costituzione, approntate con la legge costituzionale n. 1 del 2022. L’art. 9 Cost., oggi, pertanto, precisa che la Repubblica: “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”; l’art. 41 Cost. contempla, invece, nuovi limiti all’esercizio della libertà privata, aggiungendo all’elenco anche il riferimento al danno alla salute e all’ambiente.
Il nuovo dettato costituzionale sulla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi assume particolare rilevanza, perché, essendo inserito tra i principi fondamentali della Carta costituzionale, si rafforza l’indicazione al legislatore di accogliere la configurazione dell’interesse alla tutela ambientale come valore di rango primario affidato alle politiche pubbliche, al pari del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione.
Gli stessi Trattati europei, prendono fortemente in considerazione l’integrazione delle esigenze ambientali, all’interno di tutte le altre azioni pubbliche, quali il “green deal” o la “transizione ecologica”.
La modifica della nostra Costituzione, dunque, è espressione, a livello nazionale, di una strategia più ampia, che, nel riconoscere l’ambiente quale bene primario di rango costituzionale, si inserisce in un contesto di tutela “globale” che trova la sua esplicazione anche nelle istituzioni mondiali e sovranazionali.
Un passo decisivo su questa linea di tutela sempre più definita è dato dalla sottoscrizione, dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, da parte dei Governi di centonovantatré Paesi membri dell’ONU.
L’Agenda 2030, oltreché espressione di un progetto di pianificazione di tutela ambientale globale è conferma che la trasformazione ecologica ed energetica passa attraverso una trasformazione sociale, a livello geopolitico. In essa sono contemplate infatti, le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: quella economica, sociale ed ecologica. Proteggere l’ambiente per le generazioni future è infatti l’obiettivo che accomuna trasversalmente tutti gli Stati, dove l’etica della responsabilità porta alla consapevolezza che: “Il pianeta Terra e i suoi ecosistemi sono la nostra casa”.
Tuttavia, a fronte della innegabile maggiore sensibilità raggiunta in tema di eco sostenibilità ambientale, come precedentemente detto, da più parti sovviene la necessità di potenziare e sviluppare un sistema di educazione civica ambientale finalizzato ad una maggiore e più intensa “educazione” e consolidamento dell’etica della responsabilità nelle nuove generazioni. Per questo noi come Associazione 7+1 Ottavo colle abbiamo nel nostro statuto il principio della difesa del nostro ambiente e della natura, dei parchi e degli ambienti naturali del nostro territorio. Abbiamo cercato nel nostro piccolo di dare un contributo concreto attraverso una specie di Patto di collaborazione con le istituzioni che deve essere perfezionato da Roma Capitale e dalle istituzioni a noi più vicine come il nostro Ottavo municipio assumendo la responsabilità di collaborare alla gestione del parco del Tintoretto per il quale a vario titolo abbiamo negli anni passati contribuito a portare avanti azioni per la sua costruzione in luogo dell’abbandono di questa aerea che appariva una discarica.
3 anni fa abbiamo assunto la responsabilità, grazie ad un contratto sottoscritto con Ridaje, e sponsorizzato da TOYOTA ZERO CENTO, di provvedere alla sua pulizia e manutenzione e a renderlo sempre più fruibile da parte di tutti i cittadini grandi e piccini. L’anno scorso a settembre abbiamo inaugurato una bibliotechina pubblica per i nostri bambini avendo proprio a ridosso del Parco il plesso scolastico TRE FONTANE.
Intraprendere una maggiore azione culturale dei nostri bambini, sia potendo scegliere libri da portare a casa, sia promuovendo letture collettive al Parco su diversi temi. Oggi siamo qui non solo per contribuire alla giornata promossa da Roma capitale e dal nostro municipio Roma cura Roma, sfalciando e pulendo, ma soprattutto per richiamare l’attenzione di tutti i nostri concittadini a far si che una maggiore responsabilità etica di tutti possa consentire a tutti e soprattutto ai più piccoli di fruire dei beni comuni in sicurezza e libertà. Siamo oggetto in questo quartiere di ripetuti atti vandalici con un accanimento violento su i giovani alberi piantati in questo parco e sulla bibliotechina che ha già subito 2 assalti a partire dal 19 febbraio scorso, che ne ha visto la rottura ed il ripristino da parte della Ferecam società di riciclaggio dei materiali, che ce l’aveva donata a settembre 2023, in occasione del centenario della nascita di Calvino.
Grazie alla generosità di molti cittadini l’avevamo ripristinata e riempità di libri per bambini dai 6 ai 13 anni che costituiscono la maggior parte dei giovani del nostro quartiere.
Ma vandali senza scrupoli si sono accaniti contro di lei per ben 2 volte abbiamo coinvolto le istituzioni locali ed anche gli organi di pubblica sicurezza, ma non è facile prendere questi odiosi incivili, sia perché alcuni agiscono di notte, spesso ubriachi o fatti e sia perché come nell’ultimo episodio agiscono anche di giorno nelle ore in cui il parco è poco frequentato come dalle 14 alle 16, in cui i più sono a pranzo ed i bimbi a scuola fino alle 16,15.
Per non dire della mancanza di civiltà dei frequentatori del parco. Cartacce, bicchieri di plastica a terra, cimitero di bottiglie di vetro. Atti di vandalismo ai gazebi, alle panche, al parco giochi. Tutte cose che conoscete benissimo e che chiamano in causa la nostra responsabilità civica collettiva. Ora noi possiamo come abbiamo già fatto richiamare l’attenzione, anche e soprattutto la vigilanza delle forze dell’ordine, proporre di mettere telecamere nel parco per riuscire ad individuare gli autori vili e criminali degli scempi, ma io credo che soprattutto valga la crescita del senso di responsabilità della tutela dei beni comuni da parte di tutti noi, l’azione collegiale per sorvegliare , educare a partire dalle famiglie e dalle scuole al rispetto e alla tutela dei nostri beni comuni ed alla fruizione civile nel loro uso. Noi non molliamo è una sfida, è una battaglia di civiltà che dobbiamo portare avanti tutti insieme. Sono certa che con l’aiuto di tutti possiamo farcela a tutelare il nostro verde cittadino, il mantenimento del nostro ecosistema e la bellezza della natura che nel rispetto reciproca può sempre di più divenire benigna per il nostro futuro.